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Scritto da Redazione
A. Versilia
02 Febbraio 2025

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Milena Bernabò fu insignita della Medaglia d’oro al merito civile perché portò in salvo «con istintivo e generoso slancio, altri tre bambini destinati a morte sicura». Mario di 5 anni, Mauro e Lina di 10 anni. Era la mattina del 12 agosto 1944, in località Vaccareccia, la più nota, perché lì avvenne l’episodio più cruento della strage nazifascista, dopo quello sulla piazza della chiesa dove i tedeschi uccisero circa 130 fra donne, bambini e anziani. Milena Bernabò è scomparsa oggi, 2 febbraio 2025, all’età di 96 anni. Era l’ultima donna medaglia d’oro in vita di Sant’Anna di Stazzema. Le altre due insignite di questa onorificenza erano Cesira Pardini, scomparsa nell’aprile del 2022, e Genny Bibolotti Marsili che morì il giorno stesso della strage.

 

Ecco la motivazione con cui gli fu attribuita il 12 ottobre 2004 la Medaglia d’oro al valor civile dallo Stato Italiano: «Sedicenne, a seguito di un rastrellamento, veniva condotta insieme ad altri compaesani in una stalla, riuscendo a sfuggire ai colpi di mitragliatrice sparati dai soldati tedeschi protetta dai corpi della sorella e di un'amica. Sebbene gravemente ferita, si apriva un varco attraverso il soffitto della stalla, data alle fiamme dalla furia nazifascista, e portava in salvo, con istintivo e generoso slancio, altri tre bambini destinati a morte sicura. Luminosa testimonianza di coraggio e di elevato spirito di abnegazione».

 

«Se ne va un pezzo di storia di Sant’Anna di Stazzema - ha commentato il sindaco di Stazzema e presidente dell’Istituzione Parco nazionale della Pace di Sant’Anna, Maurizio Verona -. Una testimone di uno dei momenti più tragici della storia dell’Italia. A Milena Bernabò fu riconosciuta l’onorificenza dallo Stato Italiano, per quel gesto eroico che aveva compiuto per salvare tre bambini. Era una eroina, e insieme a Cesira Pardini e Genny Bibolotti Marsili rappresentava tutte le donne e le bambine eroine che si salvarono dalla strage nazi-fascista. Per l’esempio che è stata la ricorderemo, e soprattutto la ricorderemo per la forza e la determinazione che ha contraddistinto lei e tutti i superstiti dell’eccidio nel tenere viva la memoria di allora: un impegno fondamentale, perché sempre più quella data, il 12 agosto 1944, si allontana, ma sembra che nonostante ciò, ad oggi, non decadano quelle ideologiche che sono state distruttive per il nostro Paese. Sembra che quella ferita non sia mai avvenuta: assistiamo a fatti che rappresentano sintomi pericolosi, e che credo che non debbano essere sottovalutati se vogliamo rispettare e rendere omaggio a persone che hanno sacrificato la loro vita e a chi si è impegnato un’intera esistenza, come Milena Bernabò, per trasmettere alle generazioni future ciò che lacerò Sant’Anna. Un abbraccio alla famiglia da parte di tutta l’amministrazione comunale di Stazzema».

 

Milena Bernabò, scomparsa nella sua casa di Pietrasanta, in località Baccatoio, dove ha vissuto per 60anni, è sempre stata una donna che ha ricordato i fatti di Sant’Anna e i suoi posti dove è nata e ha vissuto la sua adolescenza. Non è un caso infatti se la messa funebre si terrà martedì 4 febbraio proprio nella chiesa di Sant’Anna di Stazzema e la sua salma, come da sua volontà, troverà pace nel cimitero del borgo stazzemese oggi Parco nazionale della Pace e Marchio del patrimonio Europeo. «Di ciò che visse a 15 anni, alla Vaccareccia dove fu portata incolonnata dai soldati tedeschi insieme agli altri paesani che abitavano come lei in località Argentiera, parlava  sempre. Ci piangeva. E si rammaricava per non essere stata in grado di salvare una bambina, Nara, che alla Vaccareccia era rimasta tutta bruciata e non aveva potuto fare nulla per aiutarla». A raccontarlo è la figlia Iole. Milena aveva altri tre figli: Ivo, Elisabetta e Gabriele. Iole prese il nome della sorella di Milena morta alla Vaccareccia. Ivo invece fu chiamato come il fratellino del padre (Ivo Bottari che aveva 8 anni) ucciso nella piazza della chiesa. «Ha vissuto sempre con questi ricordi, con il dolore e nel rimpianto - prosegue Iole -. Mia madre aveva una pallottola e schegge ancora nel fianco, perché erano in un punto del corpo in cui non avevano potuto operarla, e altre 22 ferite inflitte in quella tragica mattina. Oltre a Iole, mia mamma perse anche la sorella Severina, e la madre Isola Bartolucci, mentre il babbo Lorenzo Bottari fu deportato».

Milena si sposò molto presto con Giuseppe Bottari. Insieme si stabilirono in località Pero a Sant’Anna, sistemando l’abitazione dei genitori del marito che era stata bruciata. Rimasero qualche anno lì e poi si trasferirono prima a Tonfano e poi a Baccatoio. «Io sono nata lì - ricorda Iole -, ma a Sant’Anna era rimasta poca gente, non c’era più lavoro, e così decisero di avvicinarsi alla piana versiliese, anche se per mia madre Milena il suo paese è sempre rimasto Sant’Anna di Stazzema». 

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