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Scritto da Redazione
Cronaca
24 Aprile 2020

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Incredibile, meravigliosa, indescrivibile, unica Viareggio. Non ci sono altre parole per descrivere una città che, baciata dal sole in questa primavera mite e radiosa, cerca disperatamente di tornare a vivere nonostante sua maestà Covid-19. E, allora, può accadere anche di assistere ad una scena di straordinaria quotidianità, ambientata in uno dei quartieri più caratteristici di Viareggio, il Marco Polo. 

Sono da poco trascorse le 12.30 di un venerdì, quello odierno, che ci ha visto partire, da Lucca, alla volta della ex perla della Versilia per incontrare l'avvocato che, da sempre, assiste, difende e combatte per le Gazzette, al secolo Cristiana Francesconi. Il suo studio si trova in via Giancarlo Borromeo, al primo piano. Arriviamo e la pantera del foro lucchese, seduta sul balcone, sta godendosi i raggi del sole in una luce che colpisce per la sua nitidezza che si riflette anche nell'azzurro del cielo. La raggiungiamo e accettiamo l'invito a sedersi un po' distante da lei e fare altrettanto. 

Negozi di alimentari e rosticceria aperti, la gente passa sulla strada con mascherine e, qualcuno, anche senza. Nell'aria si diffondono, a volume alto, ma assolutamente sopportabile e gradevole all'udito, le note di decine di canzoni italiani e non solo, anni Settanta e Ottanta: da Patty Pravo a Mina, perfino - ve la ricordate? - Ramaya di Afric Simone: sembra di essere al mare, può apparire assurdo, ma dopo due mesi di coronavirus e di dati su morti e contagi trasmessi h24 sulle Tv nazionali e non soltanto, è come rinascere. Si sente che c'è voglia di ricominciare anzi, di ritornare ad essere quello che si è sempre stati e che vorrebbero farci smettere di essere.

Improvvisamente arriva un'auto dei vigili urbani di Viareggio. Ne scendono in tre e cominciano a guardarsi in alto e in basso, di traverso e di sguincio. Entrano nei negozi e, alla fine, si dirigono al numero civico 25 di via Giancarlo Borromeo, proprio di fronte al nostro balcone sul quale siamo esposti come lucertole. Suonano il campanello e, poco dopo, apre una signora con tanto di mascherina che sembra già sapere di cosa si tratta.

E, infatti, gli agenti le spiegano che hanno ricevuto, in centrale, le telefonate di protesta che chiedevano di far spegnere lo stereo che trasmetteva musica ad altissimo volume. La donna ha cercato di spiegare che non dava fastidio a nessuno e che aveva già abbassato i volume dall'ultima volta in cui i vigli l'avevano chiamata, ma niente da fare. I vigili sono dispiaciuti, ma irremovibili e insistono. Dai negozi, tuttavia, escono proprietari e persone che ribadiscono di stare con la donna e che la musica vogliono che continui, "perché già siamo tristi per quello che sta succedendo, almeno ci tira un po' su e peraltro è anche bella da ascoltare".

I vigili allargano le braccia e rientrano nel loro veicolo allontanandosi. Noi no, anzi, scendiamo e suoniamo a nostra volta il campanello non ostante la musica si sia, improvvisamente, spenta.

"Mi chiamo Irene Mannucci - esordisce la signora sull'uscio - ho 72 anni, sono vedova e abito da sola. Mia figlia con il suo bimbo sta non molto distante da qui. Io amo la musica, vado a ballare quando posso, mi piace ascoltarla. Così, quando è iniziata questa storia del Coronavirus e ci hanno chiusi in casa, ho pensato di usare lo stereo che possiedo sistemandolo sulla tavola da stiro e sul balcone così da far sentire la musica ai miei vicini di casa. Sì, il volume era un po' alto, ma non dava fastidio anche perché rispettavo le ore di riposo, accendevo un paio d'ore la mattina dalle 11 alle 13 e il pomeriggio dalle 17 alle 19. Musica melodica, che ha accompagnato la nostra vita negli anni Settanta e Ottanta e anche prima. La gente mi ha ringraziato, mi ha detto che porto un po' di allegria in un periodo così brutto, mi ha difeso anche quando, la prima volta, sono intervenuti i vigili urbani. Con quella di oggi è la terza volta che succede. Ma a chi do fastidio? Guardi come abbiamo arredato l'angolo della strada, con fiori e uno striscione, per farlo più vivo e più bello. Se ho paura del virus? No, sto attenta, ma non ho paura".

"E' vero - intervengono i due negozianti accanto alla casa - noi vogliamo che continui a diffondere la musica, ci fa stare bene, ci fa sentire vivi,  in un momento come questo, poi, dove tutto sembra essere triste. E poi non dà fastidio a nessuno perché rispetta le ore di risposo. Continui pure a farci stare bene".

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