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Scritto da aldo grandi
Ce n'è anche per Cecco a cena
24 Dicembre 2023

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Durante la folle guerra che Mussolini dichiarò al comunismo e alla Russia di Stalin i soldati italiani inviati al fronte prima nel Csir (Corpo di spedizione italiano in Russia) e, successivamente, con l'integrazione di altri due corpi d'armata, nell'ottava armata o Armir (Armata italiana in Russia) vissero il Natale a temperature di parecchi gradi sotto allo zero, gelati nelle trincee e in mezzo alla neve, provati dal fuoco nemico e desiderosi, realmente e soltanto, di poter tornare a casa per festeggiare, questo si, un Natale come era sempre stato, nelle proprie case e con le proprie famiglie. Mai come in quei mesi disgraziati, terribili e, purtroppo, tragici, il Natale assurse un significato umano e anche religioso. Oggi, a distanza di quasi un secolo, il benessere, l'abitudine al dare tutto per scontato, l'assenza di una coscienza nazionale e identitaria, l'ignoranza e il dominio della tecnologia e del virtuale sul reale, hanno fatto sì che la ricorrenza perdesse ogni aspetto morale, religioso, intimo insiti in un senso di appartenenza che, appunto, non appartiene più. E nonostante, a Lucca, la nuova amministrazione abbia fatto il massimo e lo ha fatto bene, per celebrarlo, sia pure in termini laici e... pagani, ma con passione ed entusiasmo, ci sarà sempre un don Franco Cerri ad aprire la bocca dandole il fiato che nessuno gli ha chiesto. Che cosa, in realtà e sotto tutti gli aspetti, ci sia da celebrare e da festeggiare in questi giorni di questo dannato nuovo millennio nell'anno di (dis)grazia 2023, non riusciamo proprio a comprenderlo. Gran parte degli italiani se ne va all'estero durante le festività natalizie, magari in paesi musulmani dove il Natale conta quanto il due di coppe a briscola quando regna bastoni, dando ancora l'ennesima dimostrazione, qualora ce ne fosse bisogno, di come, ormai, non esiste più alcuna coscienza di niente che non sia la convinzione che tutto ciò che abbiamo ci pervenga per diritto, si fa per dire, divino. A Monfalcone migliaia di musulmani, loro sì, pronti a tutto pur di difendere la religione, ultimo e unico vincolo sacro perso il quale perderebbero ogni ragione di vita,  marciano contro la decisione del sindaco leghista di chiudere due moschee abusive. Eppure tutto sembra rientrare nella normalità, nemmeno veniamo assaliti da un senso di ripulsa oltreché di rivalsa. In fondo, sono affari loro mica nostri.

A Padova e in numerose altre parti d'Italia insegnanti, quasi sempre donne e quasi sempre di sinistra cresciute all'insegna del pensiero unico dominante, smantellano il Natale nelle scuole per non offendere la suscettibilità dei bambini o degli studenti che professano altre religioni che, tradotto in soldoni, vuol dire solo e solamente gli islamici. Nessuno apre bocca né tantomeno scende in piazza mentre, al contrario, queste nuove generazioni di invertebrati, di eunuchi, di voci bianche scatenano l'inferno solo al sentire pronunciare le parole care all'Occidente che li ha allevati come serpi in seno e che permette loro tutto quello che in nessuna ltro paese islamico verrebbe concesso.

Ebbene, a volte, pensiamo davvero di convertirci all'Islam, di abbracciare una religione che non scende a patti con la coscienza, che non tentenna, non cede di un millimetro, che taglia le mani a chi ruba, la testa a chi la pensa diversamente, che obbliga le donne a stare zitte e a coprirsi e, se non lo fanno, a essere lapidate o massacrate di botte. E vengono a parlarci di patriarcato, queste ragazzine il cui livello di maturità, di coscienza, di cultura e, perdonateci l'ardire, di intelligenza, è pari a quello che possiede il nostro famoso sorcio schiacciato in mezzo alla strada ossia zero assoluto. Ma è vietato dirlo e ancor di più scriverlo, perché il cosiddetto politicamente corretto non lo vuole.

Questo sarà, a nostro avviso, uno degli ultimi Natale prima della progressiva scomparsa di una ricorrenza che fa a cazzotti ed è inversamente proporzionale alla disponibilità di chi dovrebbe difenderla, a fare di tutto per conservarla. E non è colpa, o non è solo colpa, come dice don Franco Cerri, degli acquisti natalizi e della secolarizzazione della ricorrenza. No, anche se la colpa morì fanciulla, questo omino vestito di bianco che risponde al nome di papa Francesco ce ne sta mettendo del suo per distruggere ogni senso di appartenenza cristiana.

L'Islam sta permeando la nostra società e se vediamo migliaia di idioti molti dei quali immigrati divenuti cittadini italiani musulmani, sfilare nelle strade contro Israele e a favore di Hamas e della cacciata degli ebrei dalla Palestina, non vediamo nessuno, tra i giovani italiani cresciuti nella libertà e nel benessere garantito loro dai nostri avi, scendere per strada e protestare contro le dittature religiose che insozzano e infangano i nostri principi. Nessuno che fa notare come l'Iran sia lo sponsor principale di chi fa a pezzi gli ebrei e uccide ragazzine soltanto perché non indossano il velo. Femministe, sinistroidi radical chic, associazioni Lgbtqestuvz, partiti della sinistra più o meno radicale, tutti uniti contro l'Occidente pur sapendo benissimo che, se abitassero nei paesi islamici, sarebbero fatti a pezzi senza alcuna pietà. Ma che, forse, non è proprio questo il desiderio di sottomissione che alberga e si alimenta nelle anime pie di questo Occidente ormai privo di tutto? 

Noi, che da oltre trent'anni, facciamo questo mestiere, non possiamo non renderci conto di come la categoria sia, in tempi di emergenza e di assedio come questi, più propensa verso l'essere invertebrato, privo di carattere, scettico, agnostico, diffidente, incredulo. Con la scusa di dover soltanto osservare senza prendere posizione, si dimentica che l'Islam non contempla mai la libertà di espressione, di critica, di stampa. Per noi giornalisti e intellettuali, l'unico metro di giudizio per promuovere o bocciare un sistema dovrebbe essere proprio la presenza della libertà di stampa. Invece niente da dire e ancor meno da fare. Si dimentica che se l'Islam prendesse piede come già sta facendo in Italia, la libertà di stampa come noi la contempliamo sarebbe destinata a scomparire. Perché la religione, per un musulmano, non ha alcun tipo di vincolo e non soggiace ad alcun limite. E noi continuiamo a far entrare cani e porci il cui unico minimo denominatore comune è proprio la religione islamica. 

Ecco perché stiamo con Israele, sempre e comunque. Ecco perché non possiamo stare con alcuna forza politica italiana che, in un modo o nell'altro, tende a patteggiare, a tentennare, a prostituirsi per motivi economico-finanziari invece di resistere, di espellere, di costringere l'immigrato ad adeguarsi volente o nolente alle nostre consuetudini. 

Siamo nati nel 1961. Potremmo morire anche domani e chissà quanti sarebbero felici. Ma se anche durassimo una eternità, probabilmente non assisteremo alla totale scomparsa dell'Occidente europeo come siamo abituati a concepirlo. Noi crediamo di poter insegnare ed educare solamente con le parole, senza combattere e senza imporre. Ed è l'errore più grande. Poveri vostri figli e figlie che non sanno nemmeno difendersi perché cresciuti nella bambagia e nella convinzione che tutto sia dovuto e scontato.

In un mondo diritto uno come Roberto Vannacci lo avrebbero promosso e celebrato. In questo paese di invertebrati lo prendono a sassate e lo costringono ad abbandonare la divisa. Salvo, poi, un giorno, chiedere aiuto ad alta voce ai pochi Vannacci rimasti affinché difendano gli indifesi.

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