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Scritto da lucia paolini
Cronaca
02 Marzo 2022

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Continua a risplendere il sole sul carnevale, ma i rumori di guerra si fanno sentire. Annullata infatti la diretta Rai, di questo quarto corso, per lasciare spazio alle notizie che arrivano dall’Ucraina.

Il carnevale, non si ferma e un volo di coriandoli e palloncini ha aperto questo quarto corso che ha visto un’incredibile affluenza di pubblico, assolutamente non scontata vista la giornata lavorativa. Iniziano a uscire le prime classifiche,  che come sempre accade sono molto discordanti le une dalle altre, alzando sul podio a turno le grandi opere. Una gara ancora tutta da giocare. Tra carri di prima e seconda categoria e i mini-carri delle maschere isolate, ci sono le mascherate di gruppo. Un argomento difficile, che per molti carristi ha rappresentato e rappresenta una sorta di purgatorio, mentre per altri è la forma d’espressione ideale. La mascherata si “snoda”, è proprio il caso di dirlo, lungo i viali e in questo movimento acquista o perde il suo significato. Sono sfide e quest’anno più che mai, gli artisti della cartapesta si sono cimentati alla scoperta delle possibilità che questo tipo di opera può dare. Colori, movimenti, tematiche, sono delle più svariate e ogni mascherata meriterebbe un articolo a sé. 

La sfida di Edoardo Ceragioli nasce dall’aver cercato ispirazione in un artista quanto mai complesso e difficile : Viani. “ Ho cercato di capire se esistesse un connubio tra carnevale e Lorenzo Viani, che sembrano molto distanti, ma intanto li accomuna il fatto di essere entrambi di Viareggio e ho pensato che da qui potesse nascere un legame forte.” 
Cosa hai rappresentato?

“Lorenzo Viani portava nei suoi quadri questi personaggi un po’ emarginati, gli ultimi, le persone della darsena di una volta. A quel tempo la città era spaccata in due, c’era la Viareggio bene e la Viareggio paurosa, quella della darsena, con le taverne con i marinai ubriachi e Viani ha conosciuto quel mondo lì, ha conosciuto la povertà e la sua arte nasce da lì. Volevo riportare quei personaggi, che se ci pensi bene non passano mai di moda e purtroppo sono sempre molto attuali”.

C’è un personaggio che ti piace di più, che ti ha toccato di più nel realizzarlo?

“ Sinceramente no, mi piacciono tutte, perché tutte mi hanno portato via un po’ di anima. Inizialmente ho pensato che fare Viani, essendo molto gestuale, sarebbe stato relativamente “semplice”, passami la parola, assolutamente non voglio peccare di presunzione e invece non è stato così. Tutt’altro! Dove magari c’erano due segni, io non riuscivo a capire come realizzarli, poi mi giravo verso i miei collaboratori e gli dicevo ‘oh! Ha ragione lui è! Con due gesti l’ha fatto e io sono qui ad ammattire e alla fine lo guardo e ha ragione lui!’ Per me è stato un grande insegnamento, perché ogni singolo gesto aveva un significato e questo, lo riescono a fare solo gli artisti.”

Intorno a te cosa dicono? Come ti sembra che reagisca il pubblico?

“ Guarda, nelle maniere più disparate! Si passa dalla signora che si commuove e fa commuovere anche me, alla mia amica parrucchiera che mi dice che ho fatto una bella cosa perché ne parlano mentre si fanno i capelli e la meglio è stata un gruppo di ragazzine che passando accanto alla mascherata ha esclamato ‘triste!’ scappando via”.

Sicuramente quella di Ceragioli è stata una sfida, dal tema, ai colori. La modellazione è raffinata e attenta, la studio profondo va dalla scelta dei personaggi alla struttura che mette in scena. E’ una mascherata che non cerca l’effetto speciale, ma si affida all’arte della modellazione, ricreando un’emozione che arriva sicuramente a tutti, ma che tocca in profondità il cuore di chi è nato a Viareggio. 

In questi giorni di guerra, il carnevale si è riempito di bandiere arcobaleno con la scritta pace, Silvano Bianchi, in “I have a dream”, aveva già messo una lunghissima bandiera a chiusura della sua mascherata. 

Da dove nasce l’idea della tua mascherata?

“L’idea nasce nel 2020 dai movimenti di protesta in America, dalla nuova voglia di parlare dei diritti umani. Volevo portare in scena alcuni dei grandi personaggi che sono stati i portabandiera di questa ideologia e che hanno lottato per i diritti umani. Ne ho scelti quattro con a capo Martin Luter King, su questa barca con un mondo, ripescato dal mare. Un parallelismo sul tentativo di ripescare e riportare il mondo su una ‘barca’ migliore, fatta di giustizia, equità e valori”.

Quale è stato il volto più difficile da modellare?

“Sicuramente Martin Luter King. E’ quello meno caratteristico degli altri. Non ha un particolare forte che lo contraddistingue, rimane più anonimo e pertanto renderlo uguale, in modo che le persone lo riconoscessero è stata una sfida enorme. La sua iconografia è meno nell’immaginario collettivo, noi conosciamo bene il suo nome, ma il suo volto forse è un pochino meno noto.”

Come mai questa scelta particolare di fare una barca unita e divisa allo stesso tempo?

“Non mi voglio prendere meriti di innovazione che non ho, perché già in passato ci sono state soluzioni simili e pertanto io non sto inventando nulla. Avevo pensato di fare più barchette, ma non rendeva l’idea che avevo in mente, volevo una cosa più scenografica e più imponente.”

La mascherata di Bianchi è una di quelle mascherate che ti guarda negli occhi. Maria Teresa di Calcutta, in alcuni momenti sembra scrutarti l’anima. Tutti e quattro i personaggi sono modellati molto bene, ma la parte che li contraddistingue è sicuramente lo sguardo. In tutti si coglie una scintilla negli occhi, come se tutti stessero guardando verso un sogno. Un tocco interessante è nella barca, che è modellata a memoria dei vecchi scafi di legno screpolato. I piccoli particolari che compongono il tutto sono fondamentali, dalla rete ai galleggianti, come pure le luci, a memoria di vecchie lampare. 
Sullo stile diviso e unito si sviluppa anche il treno di “in carrozza si riparte” di Giampiero Ghiselli e Maria Chiara Franceschini. 

Cosa rappresenta questo treno?

“E’ una metafora dell’Italia che riparte dopo il problema del covid. Infatti sul treno ci siamo tutti noi, l’Italia rappresentata dalle persone”

Da cosa nasce questa scelta ardita di non colorare il treno?

“Nasce da una scelta cromatica. Mi piaceva molto. Non me lo aspettavo, mentre facevo le forme, ho visto che queste macchie di colore venivano fuori e ho insistito cercando della carta apposita”

Quale è stata la parte più difficile da realizzare?


“Indiscutibilmente Draghi, perché è una somiglianza e deve essere riconoscibile.”

Sai che la posizione delle mani che sporgono dal treno ricorda un po’ amici miei?

“Sì, lo so, lo so bene. Mi piace molto questa idea, purtroppo capita che debba per questo aggiustare i danni. L’altra volta gli hanno dato un colpo molto forte e ne hanno rotto un pezzo. Mi colpisce molto quando le persone accarezzano le mani dei viaggiatori.”

La scelta stilistica di non colorare il treno oltre ad essere molto particolare, ricorda, per il tipo di carta usata i coriandoli. L’effetto che si ha alla fine è proprio quello di un treno fatto di coriandoli. E’ una mascherata minuziosa, contraddistinta da uno stile un po’ naif. I personaggi sono caratterizzati nei particolari. L’emozione che si ha vedendola passare è quella della gioia. Una gioia semplice, fatta di colore e sorrisi, la gioia di un mondo che dopo due anni forse riesce a ripartire.
Un altro artista che aveva avuto l’idea di non colorare la sua opera e che però ha cambiato idea in itere è Matteo Raciti con “Qui e ora”.

Cosa volevi dire con questa mascherata e da dove ti è venuta l’idea?

“Voleva essere un invito a vivere il presente. Ho cercato le emozioni e le sensazioni che avevo relativamente al tempo e ho tentato di metterle in scena. In particolare la malinconia e la nostalgia che tante volte mi attanagliano. Per questo ho messo sul fondo una stanza dei ricordi. L’idea mi è nata dalla stanza di mia nonna, dove lei si mette, sempre sulla stessa sedia a guardare fuori. In quella stanza c’è una parete con tutti i ricordi che raccontano la mia famiglia. A quel punto mi sono chiesto cosa è il passato e l’ho visto come una stanza che ci tiene bloccati e incapaci di vedere il futuro e a volte incapaci di vivere il presente.

Cosa rappresentano le due scale sul davanti?

“Le scale sono protese verso il futuro. Sopra vi sono dei personaggi che cercano di scrutare avanti, scoprire il futuro, ma non lo riescono a vedere. Incapaci di vedere il futuro, restano sempre a terra.”

Hai fatto una scelta molto particolare per quanto riguarda i colori, come mai?

“Io amo i colori tenui e amo molto la carta, proprio come materiale. Inizialmente volevo lasciare tutto color carta, poi nelle ultime due settimane invece ho deciso di colorarla. Ho scelto questi colori perché sono vicini al mio sentire e volevo che uscisse il colore oro. Quello che è dentro la clessidra è proprio questo, è il momento d’oro. Il tempo, che è al centro di tutto, gira una clessidra con dentro il nostro tempo che è oro.

Quanto è lunga la barba del tempo?

“Solo la barba sarà un metro e trenta, forse qualche cosa di più. L’ho fatta tutta con fogli bianchi e con le pagine degli elenchi telefonici antichi. Il bianco e il grigio che vedi della barba è dato proprio da questi elenchi telefonici con qualche tono di colore che alla fine ha fatto uscire la vera natura cromatica”.

E’ una mascherata veramente con un gusto antico e che sa rendere alla perfezione e in ogni sua parte, quello che Raciti voleva rappresentare. Molto brave le tre attrici sullo sfondo. Belli i costumi che, fanno parte integrante dell’opera, come nel caso della ragazza centrale, con gli abiti troppo grandi, che lasciano esattamente quel tocco di delicata malinconia in chi osserva.

Completamente all’opposto la ricerca artistica di Michele Canova “Vinyago”, che ispirata all’Africa offre una tavolozza di colori particolarmente vivace.

Come mai una mascherata di questo genere e cosa significa il titolo?

“Questo è un tema che ogni tanto riprendo perché mi piace moltissimo l’Africa. Il titolo sono maschere, che ricordano il Kenia e i Masai. Questi sono proprio i colori dell’Africa.”


E’ stato in Africa?

“Ci sono stato molte volte e soffro sicuramente di quello che si chiama mal d’Africa, credo proprio di avere la febbre. Spero di tornarci presto. Quello che ho tentato di fare, anche con i colori, è stato di riprodurre la fantasia dei vestiti africani”
Un tema molto particolare da portare in un carnevale, visto che le origini stesse di questa festa nascono storicamente dal rito. Quello che Canova mette in scena quindi non è solamente un tripudio di colori, ma è proprio la nascita di tutto quello che si vive durante il carnevale. Molto accurata la riproduzione della simbologia e della struttura delle maschere. In molte parti dell’Africa, durante le feste, un ballerino del villaggio, indossa grosse maschere e deve ricoprire ogni singola parte del suo corpo, nascondendolo completamente, proprio perché deve diventare lo spirito che rappresenta e non più un uomo. Questa è l’emozione che si respira passeggiando tra le maschere di Canova e viene da chiedersi chi siano davvero questi enormi spiriti. 

La giornata si è conclusa regalando il bellissimo spettacolo dei fuochi artificiali.

“ Ma queste non sono tutte le mascherate” direte voi! E’ vero, ma l’articolo è stato diviso in due parti per poter dare a tutti gli artisti lo spazio che meritano, quindi, come si dice in gergo “stay tuned” e nei prossimi giorni leggerete idee, emozioni e fantasie dei quattro artisti che non sono stati raccontati quest’oggi.

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