A distanza di un anno, quasi tutta Italia si ritrova, nuovamente, nelle stesse condizioni di marzo 2020 ma con un'aggravante, le condizioni economiche del Paese sono disastrose.
Si avvicina Pasqua, ennesima festività che vedrà i ristoranti chiusi, alcuni addirittura definitivamente poiché non hanno retto la crisi economica. Quelli che, invece, stanno ancora cercando di tirare avanti, con i risparmi messi da parte e le casse integrazioni da pagare, gridano, nel loro pudore, alla riapertura dei locali.
''La situazione poteva essere gestita in modo completamente differente, fin dall'inizio – dichiara Roberto Diena, proprietario del ristorante, osteria ''La Brocca'', a Pietrasanta – abbiamo sempre rispettato le giuste distanze imposte dai vari decreti ma nonostante questo ci hanno fatto chiudere per l'ennesima volta. La paura che il senso civico dei cittadini venga meno porta a chiusure drastiche quando, probabilmente, non ce ne sarebbe un reale bisogno. Siamo ad un anno di chiusura, escludendo il periodo estivo, ed in ogni caso, quando siamo riusciti ad aprire lo abbiamo fatto al 50 per cento delle nostre possibilità, limitando i coperti ed aprendo, come negli scorsi due mesi, esclusivamente a pranzo, il che ha comportato ulteriori e gravose perdite sul fatturato. Trovo comunque assurdo dare la possibilità di poter raggiungere le seconde case e continuare a penalizzare le attività in questo modo. Indubbiamente siamo tutti stanchi, il virus non va assolutamente sottovalutato ma comunque affrontato tramite metodi differenti da quelli messi in atto fino ad oggi'' - conclude Roberto.
La disperazione è tale per cui molti ristoratori ringraziano di non avere dipendenti nel periodo invernale proprio per non dover anticipare le casse integrazioni, dato che, per poter essere puntuali con gli affitti e le tasse, sono obbligati ad attingere ai propri risparmi; è il caso di Bledar Hajdarmataj, proprietario del ristorante ''Da Giovanni'', nel centro storico di Pietrasanta che afferma: ''Dobbiamo farcene una ragione ma è davvero dura, la mia fortuna è solamente quella di avere da parte dei risparmi così da poter cercare di proseguire con la mia attività. Ho provato anche a mettermi in moto con l'asporto ma Pietrasanta si popola, soprattutto, durante il periodo estivo e questo mi ha comportato perdite di circa 200 euro a servizio. Inizialmente ho tentato di resistere, anche per mantenere i contatti con i clienti di fiducia ma non facevo altro che rimetterci, sembra davvero paradossale ma si spende meno rimanendo chiusi. Se vogliono che continuiamo a pagare le tasse, così come abbiamo fatto fino ad oggi, devono, obbligatoriamente, riaprire le attività dato che si tratta, ormai, di un circolo vizioso poiché non facendo lavorare i ristoratori di conseguenza tagliano le gambe anche ai supermercati dai quali noi ci riforniamo e di conseguenza all'economia in genere poiché meno denaro entra nelle case e meno ne circola anche all'interno di attività che, almeno in zona arancione, rimangono aperte. Confido, come lo scorso anno nella stagione estiva sperando ci rimetta, anche se di poco, in sesto. Che ci facciano lavorare dato che, con i pochi aiuti che hanno dato, non siamo riusciti nemmeno a pagare un mese di affitto'' - conclude Hajdarmataj.
Oltre al danno anche la beffa ha colpito la categoria dei ristoranti, poiché i bonus che erano stati promessi non sono arrivati a differenza delle tasse e dei contributi da pagare per i dipendenti che non hanno mai smesso di bussare alle porte delle attività.
''Se non avessimo avuto le spalle coperte grazie ai risparmi degli anni precedenti saremmo veramente in condizioni di povertà estrema – esordisce Marco Faccio, proprietario, insieme a Marco Manieri, del ristorante ''Le tre Terrazze'', a Monteggiori – la grande problematica che, oltre a creare danni economici, si riversa anche su quelli psicologici, è che non abbiamo alcuna prospettiva per il futuro. Da un anno, ormai, promettono di farci riaprire per il mese successivo ma, puntualmente, quando siamo vicini al fatidico giorno ecco che le aspettative tornano a vagare nel buio più totale che attanaglia i nostri pensieri, rimandando, per l'ennesima volta, la riapertura. Il problema di base è proprio culturale, poiché se il senso civico di ciascuno di noi venisse rispettato come dovrebbe, non ci ritroveremmo in questa situazione per l'ennesima volta. Lo Stato impone determinate regole ma chiunque cerca di aggirarle, come se trasgredire fosse un vanto. Nei due mesi in cui ci hanno permesso di riaprire il ristorante chiamavano tantissimi clienti che non appartenevano allo stesso nucleo familiare e richiedevano di poter pranzare in tavolate formate da otto o dieci persone; ecco, credo sia proprio tutto questo che ci sta portando, lentamente, alla deriva – conclude Faccio, accompagnato da suo cognato Marco Manieri che aggiunge: ''La posizione del nostro ristorante, che ha sempre giocato a favore per gli incassi dato che, grazie alla visuale, i clienti, soprattutto stranieri, ne sono particolarmente attratti, stavolta ci è risultata sfavorevole. Non ci è mai convenuto aprire per l'asporto proprio perché i cittadini impiegherebbero più tempo a raggiungere il ristorante che a gustarsi il proprio pranzo o la propria cena; di conseguenza, per noi, ogni giorno è come se fossimo in zona rossa'' - conclude Manieri.
Tra mercoledì 10 e giovedì 11 marzo ha attraversato le località di Camaiore e Pietrasanta la Tirreno-Adriatica, corsa ciclistica famosa in tutto il mondo, che, prevedibilmente, ha creato affollamenti, o, come viene usualmente detto in questo periodo, assembramenti di cittadini incuriositi da un evento di tale importanza. La rabbia dei ristoratori è aumentata ancor di più alla vista di ciò che ha scatenato la gara ciclistica, impedendo a loro, di poter lavorare in una giornata in cui avrebbero avuto molte entrate.
Gianni Poli, proprietario del ristorante ''La Cantina da Bruno'', giustamente infuriato per le decisioni prese senza alcun senso in questo ultimo anno, afferma: ''Come hanno organizzato questa gara creando, inevitabilmente, assembramenti, era possibile anche far lavorare noi ristoratori con le giuste precauzioni igienico-sanitarie che adottiamo da quando è iniziata la pandemia. In zona gialla siamo stati costretti a rimanere chiusi per l'orario serale, altra assurdità dato che, come siamo stati in grado di gestire i numeri, oltretutto ridotti, di clienti nell'orario di pranzo saremmo stati capaci di farlo anche per la cena. Noi, come ristorante e pizzeria abbiamo avuto l'imposizione di poter ospitare esclusivamente 70 coperti, riducendo, quindi, le entrate ma nonostante questo ci hanno comunque messo in ginocchio. Cosa cambia farmi aprire nella giornata di Pasqua o durante una domenica qualunque? In ogni caso devo rispettare i 70 coperti imposti dalle disposizioni, che sia a pranzo, a cena, a Natale o per il giorno di Pasqua. Il problema sarà mica la mancanza di voglia nel voler fare i controlli? Arrivato a questi punti traggo le mie conclusioni. Chiudendo tutto non si pone il problema di andare a verificare se i singoli e le attività rispettino realmente i protocolli imposti e questo è decisamente disdicevole. Il disastro economico è irrecuperabile, tutti i miei dipendenti sono in cassa integrazione con la metà dello stipendio che prenderebbero se potessero lavorare regolarmente. La tredicesima ce l'hanno fatta pagare per intero, contributi compresi, per non parlare delle regolari tasse che continuano, imperterriti, a farci arrivare. Economicamente stiamo facendo acqua da tutte le parti, basti vedere come permettano, a Lido di Camaiore, di fare, come questa mattina il mercato, in una mattinata di sole, dove i cittadini si riversano sui banchi, avendo quindi un contatto ravvicinato con altri clienti, ma il paradosso è che, proprio di fronte al mercato settimanale, ci sono bar e ristoranti che hanno, invece, l'obbligo di rimanere chiusi'' - conclude Poli.