Grande successo a Villa Paolina anche per il prof. Alberto Mario Banti, docente di Storia contemporanea presso l’Università di Pisa, con la conferenza La memoria degli eroi nel nazionalismo contemporaneo, terzo evento del ciclo di incontri Primavera umanistica, organizzato dall’I.I.S. Galilei-Artiglio.
Cosa lega Achille, Mazzini e i militi fascisti ricordati con la cerimonia del ‘presente’? Sebbene siano personaggi molto differenti fra loro, c’è un filo rosso che li unisce: il riferimento costante, nell’immaginario occidentale, alla figura dell’eroe. Che può presentarsi sotto due versioni: l’eroe vincente, che porta alla vittoria la propria comunità, e l’eroe sofferente, sconfitto, che si immola.
Un percorso, afferma il prof. Banti, che si è articolato e approfondito nel corso dei secoli, aggiungendo elementi e perdendone altri. Con un passaggio fondamentale: l’invenzione del concetto di nazione.
Il discorso nazionalista si costruisce tra XVIII e XIX secolo, a seguito di un rovesciamento della sovranità: il popolo si esprime e legittima i leader politici. C'è bisogno di una parola che indichi questo meccanismo: è proprio la nazione. Termine di origine latina, ma che non fa parte del vocabolario politico.
La nazione, afferma Banti, viene presentata come un allargamento della famiglia, una condivisione di sangue. Ma anche una comunità sessuata, in cui amore romantico e amore patriottico vanno di pari passo (si pensi a Jacopo Ortis, o ai Promessi sposi) e, infine, una comunità sacrificale: i membri della nazione sono pronti al sacrificio e al martirio, sono eroi da celebrare in quanto pronti a morire per la patria (già lo affermava il poeta latino Orazio, è dolce e dignitoso morire per la patria).
Mazzini lo capisce bene: i gruppi nazionalistici sono piccoli e ricercati dalle polizie di tutta Europa. Ci saranno sicuramente arresti, torture, condanne. Come motivare i propri adepti? Tutto passa dal nobilitare le loro figure, anche e soprattutto nella sconfitta.
L'esaltazione dei morti è talmente forte che entra anche nell'ideologia socialista, apparentemente lontana dal nazionalismo 800esco. Oggi quella pratica sembra lugubre e respingente, ma all'epoca non lo era.
Nei movimenti totalitari di destra, questo tipo di retorica è fondamentale. Per i fascisti i martiri sono i caduti della Grande guerra e i caduti della rivoluzione fascista. La cerimonia del ‘presente’, in cui si ricordano i morti in camicia nera, viene codificata come elemento fondamentale dell’essere fascista.
Dopo il 1945, questi fenomeni si eclissano dal discorso pubblico, almeno in larga parte, per la compromissione con fascismo e nazismo. Il discorso invece riemerge nel cinema, in particolare in campo hollywoodiano. Esempio lampante è 300 di Snyder, che narra ‘all’americana’ le vicende di Leonida e dei suoi guerrieri spartani presso il passo delle Termopili, in contrapposizione all’invasore persiano.
La celebrazione dell'eroismo sofferente dice ancora qualcosa in Italia? Banti individua due momenti recenti, in cui è riapparso questo fenomeno. Il primo è del 7 gennaio 2025, quando decine di militanti di estrema destra hanno celebrato, ad Acca Larentia, 3 militanti del Fronte della gioventù con un rito tipicamente fascista. Il secondo, ancor più vicino, è relativo alla querelle in occasione del discorso di Meloni contro il Manifesto di Ventotene: l’opposizione si è unita in difesa del testo e degli autori, specialmente di Eugenio Colorni, ucciso nella Roma occupata del maggio ‘44 dalla famigerata banda Koch.
Il quarto e ultimo appuntamento è previsto per martedì 1 aprile, sempre a Villa Paolina (via Machiavelli, 2), alle ore 15:30. L'ospite dell’incontro sarà la prof.ssa Ilaria Simoncini, dell’Istituto Comprensivo “Piaggia” di Capannori, con una relazione dal titolo La memoria di Pascoli attraverso lettere private.
Anche questa conferenza sarà a ingresso libero e aperta alla cittadinanza.