Il passaggio del Monza dalla Fininvest dei Berlusconi al fondo americano Beckett Layne Ventures è l’ultima conferma di una tendenza ormai ben consolidata: nella stagione 2025/26 circa metà delle 40 squadre tra Serie A e Serie B saranno controllate da fondi di investimento o proprietà straniere. Spesso si tratta di dinastie familiari non legate da un rapporto di tifoseria storica con il club, ma piuttosto interessate a un modello di gestione imprenditoriale.
Serie A: la maggioranza dei club è in mani straniere o di fondi
In Serie A, dopo l’acquisizione dell’Hellas Verona da parte degli statunitensi di Presidio Investors, sono ben 11 i club gestiti da investitori esteri o fondi, rappresentando la maggioranza assoluta del campionato:
Atalanta (in coabitazione con i Percassi che detengono il 38%)
Bologna
Como
Fiorentina
Genoa
Inter
Milan
Parma
Pisa (in coabitazione con Giuseppe Corrado che ha il 25%)
Roma
Verona
La Juventus, pur essendo controllata da Exor con sede nei Paesi Bassi, non viene inserita in questa lista poiché il socio di maggioranza finale è la famiglia Elkann, con sede a Torino.
Serie B: la spinta degli investitori stranieri è ancora più marcata
Anche in Serie B quasi la metà dei club (8 su 20) sono di proprietà di investitori stranieri o fondi:
Cesena
Monza
Juve Stabia (ora nelle mani del Brera Holdings Group)
Padova
Palermo
Sampdoria
Spezia
Venezia
In molti casi, queste proprietà estere non sono mosse da passione sportiva ma da una logica di investimento, con l’obiettivo di massimizzare i ritorni economici. In questo contesto, la figura di Aurelio De Laurentiis emerge come un esempio di gestione tradizionale ma con idee moderne e una capacità di bilanciare aspetti economici e sportivi.
Passaggi di proprietà: concentrati su club di medio-piccola fascia
Negli ultimi cinque anni, i cambi di proprietà si sono concentrati principalmente sui club di fascia medio-bassa di Serie A e in Serie B. I grandi club hanno visto pochi passaggi, tra cui quelli della Roma nel 2020 e del Milan nel 2022. Questa tendenza segna un netto calo rispetto al decennio precedente, quando le transazioni coinvolgevano anche i principali club.
Fra i club di media levatura, invece, negli ultimi anni si sono susseguite diverse acquisizioni, fra cui Parma, Pisa, Spezia, Spal, Atalanta, Palermo, Sampdoria, Genoa, Hellas Verona e Monza, tutte impegnate in match considerati dal calcio scommesse a bassa quota ma altamente probabili, per cui anche adatte al 1X over 1.5 scommessa combinata, confermando un interesse più attento dalle più ampie frange di tifosi.
Perché i fondi guardano ai club più piccoli
Uno dei motivi principali per cui gli investitori si concentrano su club di Serie B o medio-piccoli è il costo di acquisizione inferiore rispetto ai grandi club, che si valutano a miliardi di euro. Acquistare un club cadetto, come Monza, valutato circa 45 milioni dopo la retrocessione, rappresenta un investimento più accessibile con margini di crescita significativi.
Inoltre, la possibilità di puntare sulla promozione in Serie A permette agli investitori di ottenere ritorni elevati senza dover affrontare i costi e le pressioni legate alla gestione di un club già stabilmente in massima serie.
Investire in società con una buona storia calcistica, tifoseria appassionata e tessuto imprenditoriale locale – come nel caso di Pisa – è una strategia vincente che ha già dato frutti.
Plusvalenze e obiettivi: le sfide delle proprietà straniere
Per gli investitori, il vero obiettivo è realizzare plusvalenze e uscire dall’investimento dopo un periodo di 5-7 anni con guadagni significativi. Mentre per i club di media fascia l’obiettivo principale è mantenere la categoria per garantire entrate da diritti televisivi e sponsor, per i grandi club la necessità di vincere può complicare la gestione.
Le proprietà di club blasonati come Inter e Milan devono infatti bilanciare l’esigenza di ottenere risultati sportivi di alto livello con il controllo dei costi, affrontando una pressione mediatica e sportiva molto più alta. Inoltre, l’incertezza sugli sviluppi del nuovo stadio di San Siro rappresenta una sfida economica significativa.
È innegabile: il calcio italiano sta vivendo una profonda trasformazione, con una crescente presenza di investitori stranieri e fondi che lo stanno facendo sempre più somigliare a un business globale. Questo cambiamento influenza non solo la gestione dei club ma anche la struttura stessa del campionato e le strategie di lungo termine di società e proprietà.